Un titolo intrigante, come lo sono le storie che questo splendido libro di Valentina Boschetto Doorly.
Storie che raccontano un fenomeno che è ancora agli albori ma che sta diventando un vero e proprio movimento: quello dei nuovi coloni che fuggono dalle città per coltivare verdure idroponiche, riscoprire il mais corvino o, semplicemente, trasferirsi nei borghi semiabbandonati dell’Appennino a svolgere lavori modernissimi.
Ma non solo di testimonianze è fatto questo libro.
Valentina Boschetto Doorly vuole trasmettere, con ironia, lo stile di vita delle nostre metropoli, e basterebbe leggersi protagonisti di questa quotidianità per sentirsi così stupidi da smettere subito di pensare che (testuali parole) “l’ufficio ti aspetta, la mattina presto, pulito e rinfrescato, l’aria condizionata silenziosa ed efficiente, solo 80 e-mail questa mattina, ma possiamo evaderle già da casa, diciamo la verità, tra la barba o il rossetto, e proseguire comodamente in metro, sull’auto in coda, in ascensore, al volo. In taxi forse, dove ci sentiamo un po’ Miranda Priestly, e mettiamo su quell’espressione vagamente scocciata che segna la cesura tra noi e il mondo esterno… Scocciato fa in, nel linguaggio non verbale dichiara “sono oberato di lavoro”, ergo “una persona essenziale al glorioso processo produttivo”…
Uno stile che si scontra con quello dei nuovi coloni che non chiedono nulla, anzi dicono “Non preoccuparti di me, ci penso io, anzi, guarda, invento qualcosa che magari darà da lavorare anche a voialtri”.
Hanno il coraggio di farsi carico della propria terra, accudirla con le mani, il cervello e il cuore, dare vita ad iniziative come Donne in campo che raggruppa 10.000 imprenditrici agricole che hanno, tra gli obiettivi, quello di trovare la quadra (e ci stanno riuscendo) tra “terre di strepitosa bellezza e storia millenaria e spopolamento”.
Questo non è un libro bucolico, tutt’altro: mette in guardia dai rischi e dalle problematiche di vivere in campagna ma ne mette in risalto anche i tantissimi aspetti positivi.
Leggerlo fa bene all’anima.
Luigi Franchi